Inaugurazione mostra, VATE VANITAS VITTORIA, città di Ivrea
VATE VANITAS VITTORIA. Presentazione della mostra a cura di Costanza Casali
Gli artisti protagonisti della mostra “Vate Vanitas Vittoria”, a cura di Costanza Casali, sono Nicola Bolla e Andrea Chisesi, i quali sono stati scelti per celebrare il centenario della donazione del Vittoriale allo Stato italiano.
Andrea Chisesi ha creato una serie di opere tutte dedicate al Vate, che sono state esposte al Vittoriale a Villa Mirabella.
Nicola Bolla è noto per le sue Vanitas, realizzate in Swarovski e carte da gioco, il cui tema ben si accosta al personaggio di Gabriele D’Annunzio.
La personalità e lo spirito di quest’ultimo, per l’appunto, sono perfettamente rappresentati dal titolo della mostra.
Nella prima e nella seconda sala, è prevista l’esposizione di gruppi di opere di varie dimensioni del Maestro Andrea Chisesi, con un focus sui ritratti del Vate dall’adolescenza al 1920, sugli eroi, i miti, le donne e i personaggi a lui cari, nonché sulle sue passioni per navi, aerei e automobili.
Le opere di Chisesi, senza mai trascendere nel racconto didascalico, rivelano fotogrammi di vita di D’Annunzio.
Tali creazioni sono elaborate con la tecnica della fusione tra pittura e fotografia, in relazione a cui egli è stato pionere nell’invertire i passaggi classici dell’incontro/contaminazione tra la pittura e la fotografia stesse: mentre la pop art interveniva con tocchi pittorici sulla fotografia, il Chisesi decide di imprimere lo scatto fotografico direttamente sulla pittura o su una serie di stratificazioni materiche.
Utilizza vari tipi di supporti, tele, cartelli stradali e cartone che vengono preparati con gesso di Bologna, acrilici, giornali o manifesti strappati dalla strada, stratificazioni di pitture e foglia oro, con l’obiettivo di creare una texture ad accogliere l’immagine fotografica che Chisesi sceglie di imprimere solo dopo aver completato quella che definisce “preparazione”, cercando l’immagine che si incastra perfettamente sulla tela.
Dal momento in cui le preparazioni sono pronte per accogliere l’immagine, inizia un vero e proprio progetto immaginario di ricerca, di sovrapposizioni e di trasparenze. Nasce così la prima fusione tra pittura e fotografia.
Questa tecnica è in continua sperimentazione, poiché, cambiando la preparazione pittorica, anche con la stessa immagine, l’opera ha un aspetto ed una soluzione completamente diversa; la fotografia si rimette al servizio della pittura e non diventa una guida, come storicamente è successo, ma diventa filtro, diventa uno strato trasparente che si adagia alla pittura e ne detiene i volumi. L’intervento successivo dell’artista rafforza o appiattisce volumi, colori e forme a seconda del suo volere.
D’Annunzio diceva che la natura ha la misteriosa capacità di penetrare in ogni oggetto e di transumarsi in esso; cosi le opere di Andrea Chisesi incarnano il pensiero dannunziano: il deterioramento dei manifesti e delle carte rappresenta il passare del tempo come una “reliquia” della contemporaneità; i suoi simboli chiamati “Matrem” sono fiori, gocce d’acqua e cerchi, che simboleggiano un inno alla natura, elemento principe di tutte le cose; l’immagine iconica prende una valenza attuale, portando con sé i valori del passato in una nuova dimensione contemporanea.
Nella terza sala sono collocate le opere del Maestro Nicola Bolla, e precisamente “Wings player”, una scultura di grandi dimensioni realizzata con le carte da gioco e raffigurante due ali, “Vanitas ossuary”, una imponente installazione di terra nella quale sono collocate parti di scheletri e teschi realizzati in Swarovsky, e “Vanitas white flag”, bandiere ammainate i cui battenti sono realizzati con una trama di metallo nella quale sono incastonati cristalli.
Tutte le predette opere sono definite Vanitas dallo stesso artista. Nella storia dell’arte si parla spesso di vanitas, che sta a significare l’attaccamento alle cose materiali, l’effimerità del piacere, la vana apparenza o, semplicemente, la vanità.
Ecco che, in quest’ottica, le bandiere ammainate sono il simbolo di una vittoria effimera, interpretata a contrario dal punto di vista del vinto, a significare che essa rappresenta soltanto un momento, un passaggio, e che domani potrebbe tramutarsi in disfatta.
Questa riflessione sulla triste condizione umana è ciò che ci ha sempre spaventato. Ai giorni nostri, il teschio è diventato un feticcio del consumismo e Nicola Bolla ne è stato il precursore, dieci anni prima di Demien Hirst, che lo ha reinterpretato in modo sfarzoso come simbolo del lusso più sfrenato.
Le ali costituiscono il simbolo, caro a D’Annunzio, del volo e dell’eroe, che cerca di distaccarsi dall’effimerità della condizione e dell’esistenza umana, la cui natura, tuttavia, esprime tutti i limiti, rivelandosi, per l’appunto, vana e caduca.
Esse ricordano il mito di Icaro, il quale volle volare troppo vicino al sole, provocando lo scioglimento della cera, materiale debole – così come le carte da gioco delle opere in mostra – con cui le ali stesse erano state assemblate, portando in sé la fragilità e la tragedia della mitica impresa.
Sia che le opere siano realizzate in cristalli o con le carte da gioco, il processo creativo dell’artista è caratterizzato da una costante che si manifesta tramite due distinti momenti: la raccolta e la ripetizione.
Per quanto concerne il primo momento – quello della raccolta –, esso rispecchia la personalità del Maestro, il quale è in primis un accumulatore seriale, un collezionista. E quest’ossessione per la raccolta e l’accumulazione non è altro se non la reazione avverso la caducità della vita e di ogni essere animato, in un tentativo quasi disperato di controllare e di trattenere, di far vivere ciò che animato non è e che, in quanto tale, diventa immortale.
Allo stesso tempo, l’accumulazione ossessiva è manifestazione della paura del vuoto, il cosiddetto “horror vacui”, il quale porta a colmare all’estremo ogni spazio, sino a creare un’atmosfera soffocante, così come è ben percepibile nella personalità di D’Annunzio e nel Vittoriale, che ne è la sua espressione tangibile.
Il secondo momento è quello della ripetizione: Bolla ripete migliaia di volte lo stesso Swarovski, la stessa carta da gioco (uguale e diversa e in ogni caso sempre doppia) di innumerevoli mazzi, quasi a voler creare un mantra che permea le opere e l’ambiente circostante.
Gli stessi materiali utilizzati per la creazione delle Vanitas, siano essi le carte da gioco ovvero i cristalli, sono effimeri: la fragilità dello Swarovski si accompagna alla vulnerabilità della carta. Al contempo, però, essi costituiscono anche la struttura e l’anima di tutte le sculture del Maestro, in un incessante parallelismo metaforico tra le Vanitas e la stessa esistenza umana, che, se oggi appare stabile e solida, domani potrebbe rivelarsi caduca, fragile e, appunto, vana.